MADAMA BUTTERFLY
TEATRO ALFONSO RENDANO, COSENZA
19 dicembre 2014
Il Teatro Rendano è un teatro di tradizione molto rinomato in Italia, che si trova nel cuore del Centro Storico di Cosenza in Calabria. Una regione, la Calabria, che è legata in qualche modo alla nostra Famiglia, alla dinastia Khmer, perché qui si volle fermare il mio antenato, il Re Sisowath in viaggio dalla Cambogia per Marsiglia, in occasione dell’Esposizione Coloniale del 1906. Era questa l’opportunità per presentare in Europa il Balletto Reale di Cambogia che si esibì in Francia, per la prima volta in Occidente. Come sappiamo, tra gli spettatori a Marsiglia vi era Giacomo Puccini che al pari di tanti altri artisti presenti, rimase impressionato da questa arte, musica e danza, dalla ritualità sacrale di una gestualità simbolica, sempre in melodica armonia. Ebbene, assistendo al Rendano di Cosenza alle prove di regia e musicali del così detto “duetto dei fiori” della “Madama Butterfly” ho ritrovato molto della nostra cultura, nello spargere dei petali di fiore, nel dilatarsi dell’attesa e nella speranza di un amore che si rivelerà fatale! Il mio antenato, fermandosi per un solo giorno, anzi poche ore, in terra di Calabria, ne rimase talmente affascinato che quando gli fu comunicato della distruzione causata del terremoto di Messina, volle contribuire generosamente alla ricostruzione di tanta rovina.
Veniamo al mio viaggio a Cosenza! La sera dello scorso 19 dicembre al Teatro Rendano, Direzione Artistica Lorenzo Parisi, è andata in scena proprio “Madama Butterfly” di Giacomo Puccini, sotto la direzione musicale di Alberto Hold-Garrido e con la regia del Marchese Vincenzo Grisostomi Travaglini de Fonseca. Nel ruolo di Cio-Cio-San, la luminosa e bellissima Cinzia Forte che ha incantato il pubblico con la sua interpretazione sensibile, piena di grazia e di riferimenti ad una tradizione orientale genuina. I ruoli di Suzuki, Sharpless, Pinkerton e Goro erano stati affidati ai vincitori del Concorso Internazionale per cantanti lirici “Maria Quintieri”, assegnati nell’ordine a Sunghee Shin, Valdis Jansons, Angelo Fiore e Nao Mashio. Questi hanno regalato con la loro freschezza e con il loro talento i rispettivi personaggi, sempre al servizio di un’opera molto difficile e piena di sfumature musicali. Gli altri solisti sono stati scelti con cura e devo confessare che almeno per quanto riguarda i ruoli di Kate Pinkerton (Annalisa Sprovieri), del Principe Yamadori (Antonio Barbagallo) e dello Zio Bonzo (Manrico Signorini), la bellezza dei cantanti era paragonabile alla loro abilità a sostenere il proprio ruolo, cioè alla perfezione !
Il Maestro Alberto Hold-Garrido, arrivato appositamente dalla Scandinavia per dirigere l’orchestra del Teatro Rendano, si è trovato di fronte ad una situazione molto particolare di un complesso orchestrale nel suo insieme ancora “giovane”, che si cimentava con un lavoro complesso, ma grazie alla sua abilità ed esperienza e al suo senso del teatro in musica il Maestro concertatore e direttore è riuscito ad amalgamare il tutto scavalcando le contingenze di un arco temporale troppo breve, che avrebbe richiesto maggiore attenzione nella composizione di un organico così come previsto dalla partitura. Risultato alfine meritevole, sempre al servizio della musica del Grande Puccini e della fama del Rendano di Cosenza. Il Coro “Francesco Cilea” veniva da Reggio Calabria, mi dicono molto conosciuto e avuto modo di apprezzarne la dedizione e musicalità, sotto la direzione di Bruno Tirotta.
Le scene magnifiche di Tiziana Fiorillo evocavano una casa tradizionale giapponese con un ponticello, adornato di un portico alla “moda di Kyoto” dal quale Cio-Cio-San vedrà la nave di Pinkerton tornare a Nagasaki, dopo tre anni di assenza. I costumi sontuosi di Fabrizio Onali ed Otello Camponeschi hanno rapito lo spettatore in un universo di seta colorata, di ricami e di tessuti preziosi, provenienti della lontana Asia.
Ho avuto la fortuna di poter partecipare all’ultima settimana di prova con il Maestro Vincenzo Grisostomi Travaglini e del suo “Magic Team”: Giovanni Pirandello per le luci, incantevoli ed affascinanti come sempre, e l’assistente regista, efficace e discreto, Francesco Liuzi, sotto lo sguardo sempre benevolente di Luigia Pastore Fiorentino, Direttore Amministrativo del Teatro Rendano, ma soprattutto un’amica con un cuore generoso e fedele, mai rinnegato. Con noi, sempre attenta e partecipe, una squadra di giovani figuranti volontari adorabili (posso citare Salvatore Sposato, Matteo Coschignano, Andrea Carbone, Tommaso Caruso e tanti altri..) che si sono dimostrati all’altezza delle esigenze di una regia rigorosa e dinamica.
Per terminare, lascio la parola al regista, Vincenzo Grisostomi Travaglini de Fonseca, che ha firmato una “Butterfly” sublime di maestà e di riferimenti all’Oriente, cosi caro al cuore di Giacomo Puccini:
«Si parla spesso di innovazione, di prodotti “personalizzati” ma a volte si abusa di questi termini, nel senso che l’opera lirica è una forma d’arte del tutto particolare rispetto alle altre. È l’unica ad aver bisogno, per essere fruita dal pubblico, di una mediazione, che è quella incarnata da tutti gli interpreti, dal direttore d’orchestra, dal regista, i solisti, l’orchestra, il coro e tutto il personale che vi lavora. Tutto questo è già un’attualizzazione di per sé, perché cogliere gli umori, le sensibilità che stanno dietro a una qualsiasi iniziativa, gesto, sguardo o canto che sia, fa sì che ogni produzione sia a sé stante, diversa, attuale. Certamente, c’è poi la parte del regista, che lavora sempre in stretta collaborazione con il direttore d’orchestra, un’impronta che deve nascere all’interno di quella che è stata a sua volta la genesi dell’opera, per comprendere tutto quello che ci può essere dietro, alla base e alla fonte di ciò che ha contribuito ad accendere in Puccini quella scintilla emotiva che per lui era essenziale, per creare e comporre. La “Butterfly” è in qualche modo un dipinto musicale allineato con le esperienze di tutti quei compositori come Ravel, Debussy, Saint Saens e Puccini stesso, attratti dagli echi dell’Oriente. Di questo orientalismo Puccini si interessò e si informò in maniera precisissima, determinando l’accensione della sua poetica nei confronti di un amore impossibile e ideale e che, dopo essere stato cercato, per colpa di incompatibilità e di disattenzione da parte di qualcuno, si perde. E questa frattura la trasferisce nel rapporto Occidente-Oriente, nell’orchestra così come nel libretto e nell’insieme, quindi, nell’interpretazione».
N.B. Molte foto sono dell’amica Iole Brogno che ringrazio con amichevole affetto.