“Due magnifiche proposte verdiane”, un articolo del Maestro Vincenzo Grisostomi Travaglini in “L’Opera International Magazine”, Giugno 2021

Ci sono gesti che rimarranno a segno di questa attesa riapertura del Teatro dell’Opera di Roma, dopo l’accoglienza del sindaco della Capitale, è il maestro Michele Mariotti, a girarsi dal podio verso la sala illuminata e con l’orchestra in piedi, a liberarsi dalle tensioni in un lungo applauso rivolto dall’ampio palco al pubblico ritrovato. Due giorni dopo, per Santa Cecilia, il Direttore musicale Sir Antonio Pappano, prende la parola e si rivolge ai presenti: «Caro… Carissimo pubblico», accentuando con il superlativo quel sollievo per un’espressione artistica altrimenti imposta al vuoto del vasto auditorium. Con l’orchestra dell’Accademia è Pëtr Il’ič Čajkovskij a trionfare con l’esecuzione della Sinfonia n. 6 in si minore Patetica di rara, appassionante intensità. Nella sala del Costanzi, il protagonista è Giuseppe Verdi, con tre dei ballabili tratti da opere nell’edizione parigina da Grand Opéra, dove al terzo atto l’inframmezzarsi della danza all’azione drammaturgica era pressoché d’obbligo. A Roma, però, il tradizionale ponentino si rafforza di ben altri venticelli che, stando ad insistenti indiscrezioni, causerebbero un mulinello di nomine ai vertici delle due Fondazioni Capitoline. Il maestro anglo-italiano Antonio Pappano è stato recentemente designato Chief conductor della London Symphony Orchestra e alla scadenza quale Direttore musicale dell’Accademia romana nel 2023 assumerà per Santa Cecilia la carica di Direttore emerito, un’accennata “Brexit-musicale” nonostante le rassicurazioni che non si tratterà di una funzione solo di facciata e al suo posto potrebbe essere nominato Daniele Gatti, che in passato vi aveva ricoperto la carica di Direttore stabile dal 1992 al 1997. Gatti che lascerebbe a fine mandato analogo incarico al Teatro dell’Opera, dove a succedergli sarebbe Michele Mariotti. Tutto al condizionale, ma già si vocifera, a presumibile conferma dei fatti, sull’ipotesi che nel 2024 quando sarà l’orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia a presiedere al Festival di Pasqua di Salisburgo, che a dirigere la prevista Madama Butterfly, che si vorrebbe sostituita con La forza del destino, sarebbe confermato Pappano e non il subentrante Gatti; tante ipotesi di un mondo della musica in divenire. Per restare all’oggi, di certo, all’Opera di Roma con il recente concerto dedicato ai ballabili e a poca distanza della Luisa Miller in forma di concerto, si consolida nel nome di Giuseppe Verdi l’ottimo rapporto di Mariotti con l’orchestra del Lirico della capitale. L’esecuzione dei ballabili era già in programma quando è arrivata la notizia sulla possibilità di riaprire i teatri al pubblico e in poche ore la biglietteria, con ingressi a prezzo simbolico, ha fatto registrare il tutto esaurito, sia pure nella ridotta disponibilità consentita di platea e palchi. L’interesse maggiore della proposta è stato nella valutazione schiva da prevenzioni di Mariotti per queste musiche, un tempo relegate quali superflue appendici ballettistiche, diminuite nel giudizio a un opportunismo compositivo avulso da esigenze narrative, se non nell’obbligo del Grand Opéra, in quella Parigi a cui Verdi si rivolgeva.

Mariotti, nella sua lettura personale, ne ha liberato l’effettivo valore musicale e di struttura, con convinzione e vivacità e l’esecuzione si è arricchita, nella raffinata strumentazione, di uno spessore narrativo quanto sinfonico che si è imposto su qualsiasi pregiudizio. Primo tra i ballabili quelli per il Don Carlos, tante volte ripensati dall’autore in quella complessa concatenazione di prove, idee e costrizioni. Il risultato per Le ballet de la reine: La Pérégrina, è di grande raffinatezza, elegante orchestrazione e dinamicità. Importante è crederci sino in fondo, così che il suono strumentale nella lettura di Mariotti s’identifica in canto, negli assolo e nel dialogare delle sezioni, con tale partecipata passionalità, tanto che nel finale la bacchetta gli è sfuggita di mano, sino a raggiungere le poltrone della platea. L’approccio alla musica verdiana di Mariotti è di volta in volta differente e il maestro si lascia come “stupire” dalle molte invenzioni, spronandone ogni spunto e in questi ballabili ve ne sono tanti, per valorizzare nella raffigurazione l’impulso in un segmento altrimenti riservato alle esigenze dei danzatori, evocatore di quella teatralità che puntualmente e in ogni genere è presente in Verdi. Incalzanti, seguono i ballabili dal Macbeth inseriti nell’edizione parigina, voluti in un più ampio ripensamento del compositore, che da lavoro giovanile per il Théâtre Lyrique traghetta il “suo” Shakespeare nell’accuratezza di una raggiunta maturità, tantoché Casa Ricordi li riportò in Italia nella rinnovata edizione a stampa. Concludono i più ampi ballabili da Les vêpres siciliennes, inquadrati nel tema codificato de Les quatre saisons.

Si torna allo streaming per la successiva Luisa Miller, rinviata a poche ore dall’esecuzione, a causa del tampone positivo di alcuni elementi del coro e riproposta a distanza di meno di due settimane. La prima è diffusa in diretta da Rai Radio3 e successivamente offerta in differita sul canale YouTube dell’Opera di Roma. Predisposta in forma di concerto in periodo di chiusura, per il dovuto distanziamento il coro è sistemato in platea e nei palchi e quindi senza la possibilità di accogliere il potenziale pubblico ed è impossibile ripensarne l’allestimento in così poco tempo. Per Mariotti è un debutto nel titolo e sin dalle prime battute la memoria torna al 2007, quando il giovane direttore si presentò al Comunale di Bologna con il Simon Boccanegra, perché l’approccio alla partitura verdiana, ieri come oggi, presenta caratteristiche analoghe, sia pure con la diversa consapevolezza delle proprie validità, ma con immutata passione. Il direttore affronta la partitura di Luisa Miller prendendo avvio dal solco della tradizione, per poi manifestarsi in tutte quelle sonorità di una sensibile, vigorosa ricerca di un’espressione che non fluisca da costruzioni pragmatiche, bensì da un naturale sviluppo di una riaffermata vitalità. Il direttore si avvale per questo debutto di una compagnia di canto, nell’insieme, di ottimo livello, nella partecipazione della quale si mostra, nelle intenzioni esecutive, una netta spartizione generazionale, tra artisti di più recente affermazione e smaliziati professionisti. Tra i primi il valido soprano Roberta Mantegna che nella sua già significativa carriera è d’orgoglio dell’iniziativa Fabbrica il programma per giovani artisti dell’Opera di Roma; il già affermato tenore Antonio Poli e il basso Marko Mimika. Questi tre interpreti hanno dimostrato maggiore disponibilità ad esprimersi, pur nella staticità della forma di concerto, priva di movimenti, ma non d’intenzioni. Roberta Mantegna è una Luisa appassionata e dagli adeguati mezzi vocali e se risente nel terzo atto di una minore aderenza espressiva, va a sua difesa l’evidente emozione nell’affrontare un personaggio di così complessa configurazione, con impegno vocale a tutto campo. Dall’enfasi al patetico il Rodolfo di Antonio Poli si presenta al meglio in tessiture che richiedono al tenore ampia flessibilità, esprimendosi appieno nell’elegiaco di Quando le sere al placido, dove il solista si raccoglie, quasi trasfigurando, esibendo un buon legato e alla ricerca di raffinate mezze voci proprie della scrittura verdiana e nei limiti di una tradizione interpretativa, ma che per il pieno risultato, pur apprezzandone l’impegno, necessiterebbe uniformemente di maggiore naturalezza. L’impressione in generale è che per i cantanti sarebbero state necessarie più prove, ma probabilmente la particolare situazione, il rinvio dovuto al contagio, gli spazi ristretti per una pur contenuta dinamica della parola scenica che sempre necessità di vitale svolgimento, tutto questo potrebbe aver influito per una più convincente resa d’insieme e sviluppo nell’introspezione dei ruoli, che in Luisa Miller rappresenta la vera svolta della complessità verdiana agli albori degli anni ’50 dell’Ottocento.

Di queste barriere sembrerebbe averne risentito anche il fronte più navigato, con Roberto Frontali di provata esperienza, oramai ospite fisso dell’Opera, che di recente vi ha affrontato ruoli che si possono ben considerare in linea evolutiva con la figura paterna di Miller, ma che pur in pochi anni di scrittura verdiana hanno marcato ben distinti accenti, così che il baritono è apparso già composto genitore nel ricorrente rapporto di padre e figlia, per un Miller che vorrebbe una maggiore aderenza a quel canto, di cui Frontali fu maestro, riferito più a un Verdi trascinante o ancor prima a un’eleganza e trasporto di derivazione donizettiana. A suo agio l’altro indiscusso professionista, il basso Michele Pertusi, che ha ben ribaltato alcune stanchezze vocali in personale assimilazione, cattivo ma non troppo Conte di Walter, già autoritario precursore con consapevole mestiere del gioco delle sonorità assegnate al basso della maturità verdiana, qui dai colori disimpegnati nella musicalità danzante di un ancor risorgimentale compositore, dominante sul complementare secondo basso, il castellano Wurm, la cui malvagità è restituita con opportuna misura da Marko Mimika. Più personaggio che interprete la stimata Daniela Barcellona quale duchessa Federica. Apprezzabile il livello dei comprimari: Irene Savignano (Laura) e Rodrigo Ortiz (Un contadino). La posizione frammentata tra platea e palchi, nonostante l’amplificazione, non ha giovato alla resa complessiva del coro, con maestro Roberto Gabbiani. Artisti del coro che al termine sono rimasti soli al di là della ribalta, compostamente a colmare il vuoto della sala e ad applaudire i protagonisti in palcoscenico, in un’apprezzabile pantomima dei saluti rituali, tanto meritati, quanto malinconici. Ancor più, se confrontati al trionfo del precedente concerto con pubblico in presenza. E’ stata necessità, che nulla toglie allo spessore della proposta.

Vincenzo Grisostomi Travaglini

Concerto ballabili – 28 aprile 2021

Luisa Miller – 30 aprile 2021

One thought on ““Due magnifiche proposte verdiane”, un articolo del Maestro Vincenzo Grisostomi Travaglini in “L’Opera International Magazine”, Giugno 2021

  1. Caro Ravi

    Grazie, interessante come il solito anche se il Covid ormai ci perseguita…

    Un abbraccio a voi,

    Maurizio

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